Questa intervista è avvenuta a Milano il 29 Marzo 2003, a cura di Luca Benporath e pubblicata sul numero 49 di Paperlate Magazine, in occasione dell’uscita di In Absentia.
Steven Wilson: “Il titolo In Absentia ha effettivamente un significato, in quanto deriva dal tema comune ad un gruppo di brani che sono inclusi nell’album. Questo tema riguarda gruppi di persone che ho studiato a lungo e di cui ero interessato ad analizzarne i comportamenti quando ho scritto le liriche di questo disco. Queste persone sono quelle che potrei definire ‘ai limiti della società’, gente cioè che, pur essendo tra di noi, in effetti sono ai confini di essa per i loro comportamenti violenti e deviati. Penso soprattutto ai serial killer o ai pedofili, persone che mancano in tutto o in parte di una fetta della loro psiche. Ed è su questa componente assente (da cui il titolo del cd) che ho basato alcuni dei concetti comuni che ritrovi in alcuni brani. Il concetto di assenza può essere letterale – mancanza di una parte della psiche – ma anche in senso ‘lato’ – mancanza di animo. Molte di queste persone, che a prima vista sembrano assolutamente normali, in realtà hanno problemi ben maggiori di psiche o di devianze che sono magari dovuti a determinati episodi che sono successi nel corso della loro esistenza e che ne hanno alterato l’equilibrio. Per me ‘In Absentia’ è un po’ la metafora del vuoto che permea queste persone, che sono incapaci di relazionarsi con gli altri uomini”.
La prima risposta alla nostra ovvia domanda sul significato del titolo del nuovo album dei Porcupine Tree, uscito a gennaio è tutto meno che rallegrante. Ma oramai ci siamo abituati al fatto che Wilson, leader e cantante della band, non sembra certo interessato a scrivere canzonette d’amore (anzi, ne compone una che è assolutamente in antitesi, “Hatesong”). Dopo non pochi problemi riusciamo a scambiare due chiacchiere con un impegnatissimo Steven Wilson, alle prese con il tour per il nuovo album, collaborazioni esterne (il nuovo album dei No Man) e con un occhio rivolto al “back catalogue” della band, come lui stesso ci racconta. La band, nel momento in cui scriviamo queste righe, ha appena concluso un tour americano di una ventina di date, di cui la maggior parte come supporto agli Yes, e si appresta a varcare i confini europei (in Italia tra qualche settimana). Era dall’uscita di Lightbulb Sun che non avevamo avuto l’opportunità di parlare con Wilson, e per la pubblicazione del nuovissimo In Absentia, Paperlate non si è fatto scappare l’occasione.
Luca Benporath: Quali sono i brani direttamente influenzati da questo tema?
Steven Wilson: Sicuramente “Blackest Eyes”, “Strip The Soul”, “Creator Has A Mastertape” ed un altro paio di cui non ricordo il titolo. In realtà non mi piace molto spiegare il significato esatto dei miei testi, perché in questo modo li snaturerei dalla possibilità di ognuno di poterli interpretare in modo soggettivo. Ho cercato in passato di dare una spiegazione più precisa, ma notavo che così facendo toglievo una parte del piacere all’ascoltatore. Mi piace invece fare scoprire alla persona le pieghe delle mie liriche, in quanto penso che egli sia parte integrante del processo artistico, esattamente come un libro o un film in cui, al di là dell’opera, non viene data altra spiegazione. La musica consente una libera interpretazione, ed è questo uno dei lati più interessanti da scoprire.
Luca Benporath: “Blackest Eyes” è stata scelta come primo singolo dell’album. Come mai la scelta è caduta su questo brano? È forse il brano che offre in pochi secondi la migliore presentazione della band e dell’album?
Steven Wilson: Non è stata una scelta voluta, in effetti. Più che altro, era il brano dell’album che le radio americane trasmettevano con più frequenza. Penso sia un buon brano di presentazione per chi non ci ha mai ascoltati in quanto – forse per la prima volta – abbiamo un brano di quattro minuti che racchiude tutte le facce della nostra musica: un riff ‘pesante’ ed accattivante, una sezione più ‘ambient’ ma anche una struttura corale. Il nostro problema con i singoli è sempre stato quello di estrapolare 3-4 minuti fuori dal contesto dei nostri album con l’aspettativa che questo rappresenti tutto il disco, visto che il lavoro della band è sempre stato quello di portare l’ascoltatore attraverso un viaggio musicale della durata di 50-60 minuti. In che modo potevamo rendere rappresentativo di un album un pezzo di 4 minuti? Credo che, con “Blackest Eyes” abbiamo raggiunto questo scopo, anche se francamente mi sento un po’ a disagio a dover fare questo tipo di tentativi.
Luca Benporath: Quando verrà pubblicato il singolo?
Steven Wilson: In USA sarà per inizio febbraio; non ho idea se uscirà anche in Europa, ma credo di sì, anche se non ho avuto ancora conferme.
Luca Benporath: Molte persone si sono lamentate del fatto che l’album è uscito prima negli Stati Uniti (a settembre) e solo a gennaio di quest’anno in Europa. Puoi spiegarci brevemente il motivo di tale differenza?
Steven Wilson: La questione è molto semplice. Con quest’album abbiamo firmato per un’etichetta americana – Lava – mentre in precedenza eravamo sotto contratto con etichette europee. Solitamente la label di riferimento detta tempi e modi dell’uscita dell’album. Questa cosa accade per quasi tutte le band, escluse le più grosse come gli U2 o i Pink Floyd che hanno un coordinamento discografico mondiale, in cui la data di pubblicazione dell’album può variare a seconda dei Paesi. Anche in passato il nostro cd usciva prima in Europa e poi, dopo aver concluso un contratto di distribuzione negli USA, usciva anche lì. Signify è uscito negli Stati Uniti ben 2 anni dopo! Questa volta, ovviamente, si è verificato l’opposto, anche se il ritardo è solo di 3 mesi. Lava è stata in prima linea in tutte le fasi dell’album, dai demo all’approntamento della cover ed ha quindi costruito un piano di marketing al quale hanno dovuto sottostare. Ovviamente queste politiche dipendono da fattori esogeni quali altre uscite nello stesso periodo. A quel punto le altre filiali (appartenenti al gruppo Atlantic/Warner) hanno fatto le loro proposte, ed insieme abbiamo stilato un piano complessivo che prevedeva l’uscita in USA, il tour americano seguito dalla release europea ed il tour nel nostro continente, per potersi focalizzare nel modo giusto nei vari territori. Vediamo che risultati dà questa strategia; in futuro potremo sicuramente rivederla se necessario. Ma dobbiamo abituarci al ritmo di queste label in cui il percorso decisionale è davvero lento, con troppa burocrazia. Dal momento in cui hai pronto l’album e lo vuoi pubblicare, passano almeno 3 mesi prima che la label lo ascolti, altri mesi perché lo pubblichi. In Absentia è stato ultimato in maggio, e solo dopo 8 mesi esce in Europa!
Luca Benporath: Sono sorpreso dalle poche date che avete organizzato in UK per promuovere l’album, circa cinque. È una decisione voluta?
Steven Wilson: Non ci crederai ma il mercato britannico è il peggiore per noi! E lo è sempre stato. Abbiamo provato in passato a fare tournèe molto lunghe nel nostro Paese, di 20-25 date, (in particolare nel 1996 – ndR) soprattutto perché la nostra etichetta era inglese, ma non abbiamo mai preso piede. I media non ci hanno mai supportati ed anzi credo che provino una certa insofferenza verso quello che suoniamo, per cui è perfettamente inutile continuare a sprecare tempo e suonare il piccoli club. Molto meglio concentrarsi su 3-4 città per mettere in piedi uno show in posti medio-grandi, dando il massimo ed offrendo la possibilità alla gente di vedere il concerto con le scenografie complete. Ovviamente mi dispiace per coloro che non possono viaggiare per venire a vederci, ma è un dato di fatto che in questi tour abbiamo perso un sacco di soldi senza averne avuto un ritorno. I motivi per cui si fanno le tournèe sono per esibirsi di fronte ai fan ma anche per stimolare l’attenzione dei media. In UK cercheremo di farlo con pochi show ben calibrati per creare una maggiore attenzione.
Luca Benporath: Dal punto di vista musicale, ho notato alcune somiglianze con album quali Lightbulb Sun, per esempio il lavoro orchestrale fatto da Dave Gregory su brani quali ‘Heartattack In A LayBy’. Come nasce questo brano, uno dei più belli di In Absentia?
Steven Wilson: Sono molto soddisfatto di questo brano, probabilmente quello in cui le armonie vocali sono le più azzeccate. Abbiamo inciso tre parti vocali e le abbiamo fuse insieme. L’argomento è, come ti aspetterai, molto deprimente. Parla di un uomo che sta tornando a casa per vedere la propria moglie o fidanzata ma viene colto da un infarto e non avrà la possibilità di vedere la persona cara, ed il brano è una introspezione sui suoi pensieri nel rendersi conto che non ci riuscirà mai. Queste storie mi hanno sempre reso triste – l’impossibilità di fare qualcosa nella vita di cui si ha una grande speranza – ma allo stesso tempo mi hanno incuriosito.
Luca Benporath: Sempre riguardo agli episodi depressivi della tua produzione, ricordo un’intervista che ti feci nel ’97 in cui accennasti ad un brano intitolato “I Fail” che avrebbe dovuto far parte di Stupid Dream. Hai sempre intenzione di pubblicare quel brano?
Steven Wilson: Effettivamente lo registrammo per Stupid Dream. Esistono in circolazione i demo di quell’album e mi pare che “I Fail” sia inclusa (in effetti quei demo sono in circolazione tra i collezionisti più incalliti – ndR). Ma all’epoca non la ritenevamo all’altezza di quel disco, per cui fu scartata. Un po’ come quando ti raccontai di “Cryogenics” che composi per Signify e che poi non fu inclusa né in quell’album, né in Coma Divine. Tuttavia credo che sia un pezzo che ha ancora un certo valore e per quel motivo non l’ho mai inclusa come b-side o bonus track nei singoli; un giorno potremmo riprenderla, registrarla di nuovo e pubblicarla.
Luca Benporath: Anche “Strip The Soul” potrebbe essere un potenziale singolo. È un brano che ha avuto lo stesso riscontro di “Blackest Eyes” negli Stati Uniti?
Steven Wilson: Credo che quest’ultima sia stata scelta perché ha un feeling più pop; “Strip The Soul” ha un riff molto più dark che non è troppo adatto per un radioplay. Avevamo anche considerato “Sound Of Muzak” come possibile singolo; magari lo sarà in un secondo tempo.
Luca Benporath: Qualche mese fa c’è stato il divorzio da Chris Maitland, il vostro batterista dagli esordi. Ci puoi commentare la sua dipartita? Immagino che questa domanda ti sia stata fatta da molte persone..
Steven Wilson: In effetti non me l’hanno posta in molti. Siete soprattutto voi italiani che mi avete chiesto più volte il motivo, probabilmente perché Chris era molto amato nel vostro Paese. Perché ci siamo lasciati? Mettiamola in questo modo: credo che nel momento in cui la band ha firmato il contratto per la Lava le nostre responsabilità sono aumentate fortemente. Se prima i Porcupine Tree erano una band in cui si poteva mettere un impegno ‘part time’, i sacrifici da fare erano abbastanza limitati e ci si poteva dedicare ad altri progetti, ora l’impegno deve essere totale. La casa discografica ci ha fatto capire chiaramente che l’album era stato prodotto con un budget importante, e che quindi bisognava dedicare alla band ogni minuto del proprio tempo in tournèe e promozione, viaggiare negli USA ogni volta fosse necessario e suonare dappertutto. Tutto il resto andava messo in secondo piano. Tutti hanno accettato queste affermazioni, tranne Chris. Psicologicamente non riusciva ad accettare il fatto che ogni sforzo da quel momento doveva essere messo nella band. Non è che l’ha mai rifiutato in modo diretto o fatto affermazioni su questo, semplicemente il suo comportamento dimostrava che il suo interesse non era al 100% per il nuovo album e per la band. Era diventato veramente difficile lavorare con lui. Senza entrare nei particolari, ci sono stati degli episodi che ci hanno indicato in modo preciso che il suo impegno non era completo per il nostro lavoro e non voleva prendere dei rischi, finanziari e non.
Luca Benporath: Mi accennavi che stai lavorando al nuovo album dei No Man. Ce ne puoi parlare più diffusamente? Altre cose a cui stai lavorando?
Steven Wilson: Il nuovo cd dei No-Man è finito e dovrebbe uscire nella prima settimana di aprile. Si intitola Together We’re Stranger e la formazione è sempre quella con me e Tim Bowness. Se dovessi dartene una definizione, direi che è una continuazione naturale di album come Returning Jesus ma forse ancora più ambizioso, epico. Ci sono 6 brani, di cui due brevi ed altri quattro che superano i 10 minuti ciascuno. Sono stato di recente anche in Israele per proseguire il mio lavoro con Aviv Geffen, un musicista locale molto conosciuto, con cui sto lavorando ad un progetto che si chiama Blackfield che vedrà la partecipazione anche di altri musicisti (Aviv Geffen ha partecipato in qualità di ospite ad alcuni show dei Porcupine Tree in Israele nell’ottobre 2000 – ndR). Lo stile è abbastanza simile a quello dei Porcupine Tree, ma il lato più soft, senza quelle venature hard che caratterizzano In Absentia. Sta venendo un ottimo lavoro; non so ancora quando uscirà, probabilmente in primavera.
Luca Benporath: Gavin Harrison è ora un membro effettivo della band, mentre John Wesley vi accompagnerà solo durante i concerti?
Steven Wilson: Certamente. John sarà con noi anche nel tour europeo di marzo mentre Gavin è un membro a tempo pieno della band.
Luca Benporath: Facciamo un salto indietro nel tempo. Qualche mese fa è uscito un album curioso, tra l’altro solo in vinile. L’album si intitola Headphone Dust e raccoglie alcuni dei brani che avevi composto per il progetto Altamont all’età di 17 anni. Si può dire che sono i brani più vecchi in circolazione in versione ufficiale. Come mai hai autorizzato questa uscita, essendo tu molto restio a pubblicare del materiale dei tuoi esordi?
Steven Wilson: Non è esattamente così. Io sono molto contento di poter pubblicare del mio materiale di cui sono soddisfatto, indipendentemente che si tratti di cose recenti o molto vecchie. Al contrario, non sono contento che ci siano in circolazione cose di cui non sono convinto della qualità. La storia dei demo di Altamont (è un progetto solista di Wilson degli anni ‘82/’83 che finora aveva prodotto un demo in cassetta uscito all’epoca ed intitolato Prayer For The Soul – ndR) è nata su un’iniziativa della mia etichetta discografica con una tiratura limitata a 300 copie (inutile dire che sono andate vendute nel giro di qualche mese – ndR). Tempo fa avevo iniziato ad ascoltare delle cassette che ho in una grossa scatola ed era saltato fuori questo demo ed ho pensato che il materiale incluso era molto buono. Ovviamente il giudizio va ricondotto per quello che quella musica è: qualcosa di molto sperimentale utilizzando soprattutto sintetizzatori e strumenti analogici, vicino a certe forme di ‘krautrock’ come i Tangerine Dream. Ho sempre adorato quella musica e la sua capacità di esplorare nuovi orizzonti fin da quando ero un teenager. Ho masterizzato quel demo per un amico, ripulendo un po’ il suono, e lui ne è rimasto molto bene impressionato, per cui mi ha convinto a pubblicarlo. Ovviamente volevo fare una cosa piccola, anche perché la qualità del suono non è ottimale, ma credo che il risultato finale sia molto buono. L’ho fatto per offrire un bel prodotto (è un picture disc) e perché la musica era buona.
Luca Benporath: Quindi ci possiamo aspettare altri esperimenti in futuro..
Steven Wilson: Certamente! Al contrario non pubblicherei mai cose che non mi sembrano all’altezza, come ad esempio il materiale dei Karma (band in cui ha militato Wilson verso il 1985 e che ha prodotto due demo – ndR) che facevano uno stile molto new-prog vicino ai Marillion. Ci sono altre registrazioni di Altamont più in linea con quello che facevano i Porcupine Tree ma in maniera più primitiva. So che tutto questo materiale circola in modo non ufficiale, ma si tratta di roba di scarsa qualità, soprattutto perché l’avevo composta quando ancora stavo cercando un mio cammino musicale maturo ed i risultati lasciano molto a desiderare. La differenza con il demo di Altamont che ho pubblicato è quella è musica altamente sperimentale che, per quello che è, la trovo molto ‘convincente’. Quindi non è che io disprezzi il lavoro fatto prima dei Porcupine Tree, ma semplicemente vorrei avere io il controllo di quello che i fans ascoltano, per dare loro solamente materiale che io trovo di alta qualità.. ovviamente non è sempre così! E per il materiale che non ha questa qualità mi trovo in imbarazzo, come qualsiasi altro musicista. Lo stesso accade per i demo tape che circolano (pare vi siano quelli di In Absentia e Stupid Dream – ndR) e che contengono materiale che non è stato messo insieme per l’ascolto di persone esterne al lavoro dell’album. Se avessi saputo che sarebbero stati fatti filtrare all’esterno li avrei sicuramente migliorati, come alcuni demo che abbiamo pubblicato..
Luca Benporath: Ti riferisci alla bellissima versione di 16 minuti di ‘Even Less’?
Steven Wilson: Un esempio è proprio quello, visto che quel demo era sufficientemente diverso dalla versione dell’album, valeva la pena farlo ascoltare. Ma mi piace pensare che chi decide è l’artista. Nel caso di “I Fail”, ho deciso di tenere quel pezzo e di pubblicarlo quando ci sarà l’occasione più giusta.
Luca Benporath: Continuando il discorso sulle nuove release, dovrebbe uscire a breve una versione doppia di Coma Divine che contiene dei brani in più, sempre registrati alle tre date di Roma del 1997. Leggendo la tracklist, ho però notato che questi brani erano già disponibili da altre fonti (cd per il fans-club, il sito web della band o altre compilation). Perché non pubblicare altri brani inediti o addirittura uno dei concerti in versione integrale?
Steven Wilson: Effettivamente, come sai, abbiamo registrato le tre date al ‘Frontiera’ ma non ho mai pensato di pubblicarne una integrale. In verità il materiale che pubblicheremo nella nuova versione è quello che merita di essere fatto ascoltare, per esecuzione e qualità. ‘Cryogenics’ di cui discutevamo prima è stata scartata perché non mi piaceva. Una sera abbiamo eseguito integralmente “Voyage 34” ma quando l’abbiamo riascoltata non ci è piaciuta. Non sono tra quelli che pubblicano album live in modo così facile; altre band pubblicano concerti integrali anche se l’esecuzione lascia molto a desiderare. Nei concerti del ‘Frontiera’ non abbiamo mai suonato in modo perfetto per l’intero show e per questo motivo non abbiamo pubblicato il concerto integralmente.
Luca Benporath: Altri progetti a cui stai lavorando in ambito Porcupine Tree?
Steven Wilson: Sto rimasterizzando The Sky Moves Sideways per una versione doppia che uscirà tra breve. Il primo cd sarà l’album originale mentre il secondo conterrà l’EP Stars Die più la versione non editata della title track che originariamente durava 36 minuti ed era un brano unico. Inizialmente volevo che l’album fosse composto da un unico brano di 50 minuti e solo all’ultimo momento l’ho accorciato ed intervallato con altri brani. Ma nella versione originale ci sono molti passaggi che ho dovuto tagliare per motivi di spazio. Questa versione è molto diversa, sia musicalmente che nelle liriche.
Luca Benporath: Che responso avete avuto durante il tour di supporto agli Yes l’anno scorso?
Steven Wilson: Direi molto buono. Abbiamo avuto parecchie standing ovation, che non è cosa frequente per un supporter. Ovviamente c’era gente impaziente di vedere gli Yes, ma in generale è andata molto bene.
Luca Benporath: So che ascolti musica molto diversa, dal jazz al thrash metal. Ci puoi consigliare i tuoi tre album del 2002?
Steven Wilson: Sicuramente al primo posto metterei Deliverance degli Opeth, un album straordinario che qualsiasi ascoltatore di rock dovrebbe avere.. non so se sono molto imparziale su questo, visto che ho collaborato con questa band. Poi c’è Orient Occident di un compositore classico estone, Arvo Piet. E poi c’è un compositore belga di ambient music, Vadma Obmana, che ha fatto degli album di ottima fattura negli ultimi 20 anni utilizzando in prevalenza strumenti a fiato, soprattutto uno intitolato Trama.
Luca Benporath: I bene informati mi dicono che ascolti anche prog italiano degli anni ’70. I tuoi ultimi acquisti sono stati gli Area ed il box degli Opus Avantra…
Steven Wilson: Adoro gli Area, li trovo geniali! Ho ascoltato Maledetti, Crac e Arbeit Macht Frei e sono stati la scoperta dell’anno in ambito progressive. Soprattutto Crac è un capolavoro. Ho anche scoperto un altro musicista italiano, Maurizio Bianchi, che è anche giornalista su Rockerilla, che fa tutt’altra musica, molto deprimente in verità. Ma comunque seguo il rock del vostro paese.
Luca Benporath: Steve, chiudiamo con una domanda di rito: hai già qualche idea per il prossimo album?
Steven Wilson: Ovviamente è ancora presto per dire qualcosa di preciso, ma mi piacerebbe scrivere qualcosa che abbia un tema comune a tutto l’album. Non so se sia corretto chiamarlo ‘concept album’, sta di fatto che ultimamente sto ascoltando Quadrophenia degli Who e ne sono rimasto influenzato positivamente, per cui credo che anche oggi sia possibile tentare un esperimento del genere. Non è facile scrivere un concept di qualità, ma vorrei che il lato narrativo sia predominante, come anche quello visivo, qualcosa da produrre in modo un po’ più ambizioso rispetto a quello che abbiamo fatto finora. Ho anche abbozzato un canovaccio per una sceneggiatura di un film e magari potrebbe essere utile unire le due cose.