“Blackfield V e il ritorno della bottiglia”
Già dalla copertina e dal titolo dell’album Blackfield V s’intuisce la volontà della band a un certo richiamo al passato, la bottiglia infatti è la stessa usata per il primo album dei Blackfield, ma in questo caso avvolta da un’aria meno cupa, su un’oceanico sfondo.
Ritroveremo spesso il tema dell’oceano all’interno del leitmotiv dell’album. La prima traccia di Blackfield V, ‘A Drop in the Ocean’ – frase nota ai fan dei Porcupine Tree che già l’hanno sentita in ‘Russia on Ice’ da Ligthbulb Sun – è uno strumentale etereo e sognante, breve quanto intenso e profondo, costruito sulle tastiere di Steven con la performance della della London Session Orchestra, che fa ben sperare ed apre come una intro al brano ‘Family Man’ che, cantato da Wilson e Geffen, comporta con i suoi riff semi distorti ad un grande impatto sonoro.
‘How Was Your Ride?’, terzo brano del lotto, ci riporta, con il suo assolo di chitarra classicamente wilsoniano, indietro al tempo di ‘Hello’ dal primo album Blackfield. Prodotta da Alan Parsons, che insieme ad Aviv Geffen e Alex Moshe si occupa anche dei cori in accompagnamento alla voce principale di Steven,, ‘How Was Your Ride?’ certamente rientra tra i brani più interessanti dell’album.
‘We’ll Never Be Apart’, secondo brano che trova la produzione di Alan Parsons, vede Steven al basso e ai cori e Aviv, che si occupa anche delle tastiere assieme ad Eran Mittelman, alla voce. Anche in questa traccia appare la London Session Orchestra.
Seguono ‘Sorrys’, ‘Life is an Ocean’, ‘Lately’ ed ‘October’, lento brano col solo piano e violino incentrato sulla felicità che si può trovare un una piovosa giornata di ottobre veramente ben interpretato dalla voce di Wilson per quanto opera del solo Geffen, forse un suo personale tributo agli U2 di cui è fan dichiarato.
‘The Jackal’ ci riporta ai ritmi più frizzanti che caratterizzano un po’ tutto Blackfield V, ancora una volta per la produzione di Alan Parsons e il mix di Steven Wilson, che oltre al basso e chitarre, duetta al canto con Aviv. ‘Salt Water’ è ancora una traccia strumentale con un solo di chitarra accompagnato da un arpeggio, violini, batteria e un mix malinconico che inevitabilmente riporta alla mente dell’ascoltatore i primi successi dei Blackfield. ‘Undercover Heart’ è un brano pop classico e caratteristico del duo, mentre la novità la troviamo in ‘Lonely Soul’, un brano elettronico con la voce femminile di Alex Moshe.
In chiusura troviamo il brano ‘From 44 to 48’, un classico pop che raccoglie tutto ciò che è Blackfield V, col ritorno di Steven Wilson e Aviv Geffen ad una collaborazione piena, tanto che il duo si divide tra voce, chitarre e tastiere, al fianco di Tomer Z alla batteria, Eran Mitelman alle tastiere, e la London Session Orchestra.
Scritto e registrato in un periodo di 18 mesi tra Tel Aviv in Israele, Londra e lo studio No Man’s Land a casa di Steven, l’album contiene 13 brani tutti scritti da Aviv Geffen ad eccezione di ‘From 44 to 48’ scritto da Steven Wilson e ‘Life is an Ocean’ da Aviv Geffen e Steven Wilson per un totale di 45 minuti.
Recensione di Evaristo Salvi e Domizia Parri;