Nel cuore di una calda Londra, la sera del 20 maggio 2010 il cinema Prince Charles è tutto per i Porcupine Tree, come annuncia anche la grande insegna luminosa all’ingresso. Lo spettacolo è sold out e i circa cinquecento spettatori possono trovare accanto alla loro poltrona una busta della Kscope contenente due promo CD, una cartolina, una card con codice per scaricare musica e una simpatica penna a forma di siringa che riprende la copertina di Anesthetize. Molto “cool”.
La proiezione del film, alle ore 19:00, viene introdotta da Lasse Hoile e Gavin Harrison, che scherzosamente dice: “Se e durante la visione di questo film, qualcuno di voi dovesse avere un malore, chiedete il risarcimento al nostro manager Andy Leff”. Dopo risate e applausi vari, ha inizio il film, le cui riprese sembra siano tratte maggiormente dalla seconda delle due serate, probabilmente per il fatto che la prima poteva essere una sorta di prova generale. Ci sono molte inquadrature da diverse angolazioni, addirittura una sotto la batteria di Gavin. Tutto ciò rende la visione del film molto più piacevole e meno statica: Lasse Hoile, fotografo e regista, conferma ancora una volta il suo talento.
Lo show inizia con il brano ‘Fear of a Blank Planet’ e la band si mostra subito determinata, e lo rimarrà per tutto il concerto. Al di là del film, se si possiede un impianto home theatre, impostando l’audio in 5.1, l’ascolto del live è un’esperienza unica: tutti gli strumenti sono scanditi e mixati da Steven con una qualità impressionante. Molto belli i cori che Wesley esegue nel secondo brano, ‘My Ashes’, dimostrando una indiscussa integrazione con il resto della band nei live. Il brano inizia con Steven al piano accompagnato da Richard e l’atmosfera che si crea è vagamente sognante, cupa e mistica allo stesso tempo.
Il brano successivo è l’interminabile title track ‘Anesthetize’, che alterna parti decisamente più dure e accattivanti dove Gavin sembra voler spaccare la batteria. La parte centrale del brano ti fa venire voglia di saltare perfino davanti lo schermo, mentre la parte finale del brano è a dir poco commovente: la goccia che cade nel mare coordinata con l’inizio dell’assolo di Steven è da brividi. Le onde del mare sembrano travolgere le note scandite dalla chitarra che lenta e struggente avvia il brano alla conclusione.
Le emozioni sono talmente tante che il concerto potrebbe anche finire, ma lo show continua con ‘Sentimental’, accompagnata dal video curato da Mike Bennion, e ‘Way Out of Here’, un pezzo forte pieno di rabbia alternato a interessanti riff tra le due chitarre, il cui video tratto dal DVD circolava già da qualche tempo in rete. A seguire ‘Sleep Together’, con uno Steven mai fermo passa dalla chitarra al piano per la parte psichedelica del brano per poi rimettere le mani sulla chitarra e chiudere il pezzo in modo decisamente più metal.
A questo punto è il momento di una pausa, cinematograficamente presenta un’immagine della band immobile nel camerino, trovata che diverte gli spettatori. Lo spettacolo riprende con ‘What Happens Now?’. La voce effettata di Steven e il tappeto strumentale psichedelico rievoca leggermente i primi Porcupine Tree e i vecchi concerti, per la gioia dei più vecchi fan. Quindi è il turno per il frontman di imbracciare la Babicz acustica per eseguire ‘Normal’, brano più tranquillo che rende più piacevole il proseguire dello spettacolo.
Le tastiere di Richard intonano quindi un sound decisamente surreale per introdurre ‘Dark Matter’, brano della prima era Porcupine Tree. Non ci sono più video sugli schermi, ma non ce n’è bisogno: è un pezzo che da solo, con il gioco di luci a cui si uniscono le inquadrature dei primi piani, porta lo spettatore indietro nel tempo a quegli anni in cui bastavano gli strumenti e poche tecnologie per fare uno show. Bella e scenografica la chiusura a tempo a mo’ di direttore d’orchestra di Steven, già vista per quel brano nei live ma sempre d’effetto.
Seguono ‘Drown with Me’ dall’epoca di In Absentia e ‘Cheating the Polygraph’ da Nil Recurring, belle e arrabbiate. Per ‘Half-Light’ la speciale chitarra di Steven, col suo corpo luminoso con immagini che cambiano in maniera casuale, dà un tocco di magia al pezzo. Il lungo e lento assolo sfuma nell’introduzione di ‘Sever’, in uno scambio di suoni che, se non si sapesse che stiamo di fronte ai Porcupine Tree con il loro stile unico e inconfondibile, potrebbe far pensare ai Pink Floyd. Con lo strumentale ‘Wedding Nails’ e l’inquietante ‘Strip the Soul’ collegata a ‘.3’, il live riprende la svolta verso il prog metal più dark, con i suoni delle tastiere di Richard che imbambolano lo spettatore da una parte, e una delle migliori sezioni ritmiche del pianeta che lo coinvolgono dall’altra.
Ricadiamo in un ‘sonno senza sogno’ con ‘The Sleep of No Dreaming’ dall’era di Signify, resa più aggressiva dal sound della PRS color oro di Steven e dalla batteria di Gavin rispetto all’originale versione del 1996. Con la spettacolare esecuzione di ‘Halo’ da Deadwing si conclude la seconda parte del film. ‘Outro’ è un finale con una telecamera nascosta fissa, che ha ripreso lo svuotarsi del locale, e le immagini sono mandate velocemente con un bell’effetto in bianco e nero. Dopo la proiezione del film viene annunciata la band, accolta da lunghi applausi e che dopo aver preso posto sotto lo stage rimarrà a disposizione dei fan per gli autografi.
Forse non a caso, uscendo dal cinema, ci si può trovare davanti al The Porcupine, un pub tipicamente londinese dove fuori, davanti all’ingresso, c’è un albero. La sensazione che si prova stando qui è quella di trovarsi nel posto dove tutto ha avuto inizio.
Recensione di Evaristo Salvi